Per questa mostra Isgro’ ha scelto di operare unicamente sulla misura del “tondo” giocando radicalmente su una spazialità circolare che si moltiplica attraverso l’idea di una doppia serie di oggetti: le immagini cancellate con il bianco e gli orologi che vi si collocano con posizioni variate, forme anch’esse circolari che offrono una dinamica percettiva basata basata sul contrasto e l’assorbimento mentale dello spazio. La scelta dell’artista fu di illuminare la mostra in modo totale, violento ed abbagliante. Di solito la luce illumina qui preclude la vista e le immagini. Queste opere non le ho concepite in vista di una luce solare, come facevano gli antichi maestri – ma per una luce che ormai invade l’universo, per una luce artificiale....qualsiasi possa essere l’intensità luminosa l’opera funzionerà comunque..i black out che di tanto in tanto sopraggiungeranno, attiveranno il livello emotivo-comunicativo. Smentiranno un’attesa: quella che un quadro debba sempre essere visto in piena luce La forma circolare dell’orologio si ripete ossessivamente e scandisce la sua qualità seriale...tic... tac..il battito decresce man mano che che la luce cresce, arriva al suo acme come una specie di solstizio artificiale sovraesposto. A questo punto tre flash folgorano lo spazio, la luce crolla di colpo, black-out: il buio crea disagio, toglie sicurezza alla vista, non alle opere che lasciano scorgere la loro presenza inquietante. L’ambiente perde conoscenza ma ne aquista subito un’altra, quella che la percezione può cogliere nella dimensione dilatata dell’oscurità. Qui comincia l’attesa, il dono del risveglio, il pubblico raccoglie i pensieri. Poi la luce torna fino a recuperare la sua intera energia. Un’altro black out, velocissimo e, velocissima anche l’ulteriore reazione del pubblico.
L'ora italiana
exhibitionSi elude “un’attesa”, ovvero “quella che un quadro debba sempre essere visto in piena luce”. Un allestimento basato sulla forma circolare, come il quadrante di un orologio. La luce cresce e svanisce di colpo: scandisce emotivamente il tempo
Anno
1986
Luogo
Museo Archeologico, Bologna – Italia