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Studio
Piero Castiglioni
Luce e Architettura

Piero Castiglioni inizia l'attività negli anni 70 con il padre Livio quando l'introduzione sul mercato europeo delle prime lampade alogene suscita curiosita' e interesse per prestazioni e dimensioni allora sconosciute. Con l'analisi delle nuove sorgenti si configura l'inizio del sistema Scintilla. Lo studio provvede al progetto, al calcolo illuminotecnico, alla produzione artigianale su misura per gallerie d'arte, negozi, abitazioni. La contestualita' del lavoro di progettazione, di produzione di apparecchi, di installazione unisce la pratica artigiana alla ricerca, alla sperimentazione e alla verifica in luogo rimanendo patrimonio e caratteristica del lavoro futuro. Gli incarichi per i progetti di illuminazione di grandi musei, centri storici, nuovi insediamenti, monumenti, parchi e giardini portano alla collaborazione con i colleghi architetti, al disegno di nuovi modelli, alla collaborazione con le aziende produttrici di lampade e di apparecchi: al sistema Sillaba si affiancano Palio e Cestello, Radius, Platea, Light-Shed, Glim cube, Diablo, Dogma sempre dovuti alla necessita' di coprire funzioni illuminotecniche specifiche in progetto e assenza di modelli di mercato idonei. Forse per questo Castiglioni ama definirsi un elettricista, prima che un architetto.

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Work in progress

Franco Raggi
intervista
Piero Castiglioni

R: …Dunque Castiglioni Piero, “figlio d’arte”, nato architetto, ma alla fine lighting designer… C: No, architetto, che si occupa di luce! R: Non è solo un fatto tecnico? C: E' un fatto culturale, l’architettura è cultura della manipolazione dello spazio, la storia dell’architettura è anche storia di come la luce dia forma allo spazio e viceversa. Il progetto è molto di più di un fatto tecnico. il progetto nasce da domande, da un: “cosa fare?” e il cosa fare è un aspetto morale non formale, poi viene il “come fare”. R: Nel tuo lavoro oggi come intendi questo aspetto morale? C: Nel fatto che il “cosa fare” può comportare che il “come” non appaia; per esempio illuminare senza far vedere da dove viene la luce, subordinare l’aspetto tecnico a scelte culturali,
come ad esempio illuminare uno spazio urbano senza stravolgerne il carattere, il che vuol dire prima di tutto comprendere questo carattere. R: Che qualità cerchi costantemente nel progetto? C: Forse la misura e la precisione. Un buon progetto deve avere una al massimo due idee, tre fanno già confusione. La caratteristica di una buona composizione architettonica e anche di un progetto illuminotecnico è quella di avere poche idee ma “forti e leggere”. Voglio dire che, per contrapposizione, un progetto mediocre è per me quello che mette in scena idee “deboli e pesanti”. R: Dove ti è riuscito meglio questo connubio? C: Dovrei dire in tutti i progetti, però sono molto legato al Museo D’Orsay dove l’idea forte è che la luce non c’è, o meglio c’è ma non si vede, non si vedono apparecchi perché è l’architettura stessa che controlla modifica e gestisce la luce come fosse un gigantesco apparecchio illuminante. La leggerezza è che la luce non ha sorgenti riconoscibili. R: Fare economia fa parte della moralità del progetto? C: L’economia mi interessa se da luogo a soluzioni
interessanti. Mi ricordo che a Genova c’era una funicolare ad acqua fantastica; andava da piazzale Corvetto fino alla circonvallazione a monte. Solo a Genova potevano inventarla. Usava l’acqua di un torrente in pendio. Sotto le due carrozze c’era cassone. La carrozza in discesa scendeva piena d’acqua e quando era giù si svuotava, l’altra saliva vuota e quando era su si riempiva; così usavano solo la forza di gravità, nient’altro. Consumava solo i freni, non faceva rumore, non inquinava… R: Perché i Castiglioni amavano lanciare petardi, cosa c’è nel petardo? C: …Eh, il petardo? ..Beh nel petardo ci sono la luce e il suono, è una forma audiovisiva elementare…una tecnologia di base audiovisiva per provocare sorpresa.